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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Aperilibro (d'obbligo un brindisi al prosecco) con Fulvio Ervas
In occasione dell'uscita del nuovo libro, presentato alla Libreria La Bassanese, un a tu per tu con il padre dell'ispettore Stucky
Pubblicato il 25-10-2024
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Venerdì 25 ottobre, l’Aperilibro della Libreria La Bassanese ha ospitato in città lo scrittore Fulvio Ervas.
L’occasione dell’incontro con l’autore è stata la presentazione del nuovo libro appena uscito dell’autore veneziano — ora di casa a Treviso — un romanzo che ha per protagonista l’ormai celebre e amatissimo ispettore Stucky, ovvero: Il tatuatore innamorato.
Una conversazione piena di verve e di correnti di simpatia, quella che l'autore ha regalato al pubblico presente in sala stimolato dalle domande di Federica Augusta Rossi, nel corso della quale si è parlato di temi importanti che riguardano l'attualità, il territorio, l'educazione, i rapporti tra letteratura e cinema, ma anche tra le altre cose di funghi (chiodini in particolare), delle maratone di sesso delle effimere, della bellezza del Sile e di quanto avremmo da imparare, come umani, dalle attitudini di alghe e miceli.

Fulvio Ervas alla Libreria La Bassanese, con Federica Augusta Rossi
Pubblicato come gli altri nove che l’hanno preceduto da Marcos y Marcos, il libro è sugli scaffali delle librerie da pochi giorni, a poca distanza dal debutto su Rai2 della serie tv in sei puntate dedicata alle storie in giallo incentrate sui casi di Stucky create da Ervas (in onda da mercoledì 30 ottobre). A interpretare il protagonista, ispettore a Treviso, sarà ancora Giuseppe Battiston, la regia è a cura di Valerio Attanasio.
Un rapporto stretto, quello delle opere di Ervas con i linguaggi fratelli delle arti visive. Ricordiamo che Se ti abbraccio non aver paura, libro del 2012 che ha dominato a lungo le classifiche delle vendite, è stato tradotto in nove lingue e Gabriele Salvatores ne ha tratto il film, intitolato Tutto il mio folle amore, con interpreti Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono e Giulio Pranno. Inoltre, Finché c’è prosecco c’è speranza, uno dei capitoli della saga di Stucky, adattato per lo schermo è diventato anch’esso un bel film, con Battiston diretto da Antonio Padovan. In forma drammaturgica il romanzo abita i palcoscenici narrato da Gigi Mardegan.
Il nuovo giallo vede l’ispettore Stucky, i suoi natali divisi tra Medio Oriente e lidi lagunari, alle prese con un caso intricato che ha per teatro Treviso. Alle cinque del mattino, un urlo orribile si leva dai locali di “Michelangelo’s Tattoo”. Il titolare, noto come tatuatore delle signore “bene” della Marca, viene trovato morto. Accanto al corpo, la riproduzione di un’effimera, un insetto aggraziato che vive a lungo durante la giovinezza ma, una volta adulto, rimane in vita poche ore. Le indagini portano l’ispettore e i suoi collaboratori a esplorare un curioso registro di clienti e il mondo del tatuaggio, anche negli interstizi più bui del Brutal Black Project, che ha alla base l’esaltazione del dolore. Sullo sfondo, come sempre, a emergere sono panorami che parlano di malaffare e di corruzione.
“Non avevo alcuna intenzione, diciotto anni fa ormai, di creare un poliziotto che finisse nella narrazione filmica”. Scrive così ai suoi lettori sui social. Quali aspetti non del suo personaggio non ritrova, e invece ritrova a pieno, nell’incarnazione di Giuseppe Battiston?
La cosa importante, sempre, quando il linguaggio narrativo debba trasformarsi in immagini, è trovare un attore che “senta” il personaggio che va a far vivere. Non è un solo fatto di bravura artistica, è che certi attori “sono” certi personaggi, perché mettono in gioco una loro fisicità, come se fossero davvero quello che stanno impersonando. Quando questo accade è perché la narrazione ha creato una suggestione che esce dalle pagine e trova antenne sensibili. Quindi Battiston non potrà mai essere la copia del “mio” Stucky, ma il fatto che sia in grado di far vivere un “suo” Stucky, che ha il genoma nella mia narrazione ma le dinamiche che lui sente di dover far scaturire, è già un obiettivo sensazionale. Si scrive sempre perché qualcuno traduca ciò che immaginiamo: sia esso un lettore o un attore. Non scriviamo per guardarci allo specchio, ma perché le nostre parole rimbalzino lontano.
Le città hanno sempre una doppia vita: bei palazzi di facciata e retrovie undergound. Nei suoi romanzi è sempre contenuta un’attenzione ai “paradossi ambientali”, diciamola così.
È il territorio il vero protagonista dei romanzi di Stucky. Ogni singolo romanzo ruota attorno a un tema ambientale che scaturisce dal vivere, attraversare e conoscere, un territorio. Io del resto sono un laureato in Scienze Agrarie che ha insegnato per quasi 40 anni Biologia, Chimica e Scienze della Terra nei Licei. Ho parlato di gestione dei rifiuti, degli incendi industriali, dell’iper turismo a Venezia, della fragilità delle reti idriche, della monocultura del prosecco, della crisi ecologica dell’Adriatico, di Porto Marghera, del territorio trafitto dalle cave. Cioè di noi. Di quel Nordest che ha ereditato un territorio splendido e non è stato all’altezza della sua tutela. Ho cercato di farlo parlando non solo del presente, ma anche del futuro. Che è dove, ci piaccia o meno, vivremo. Perché la scrittura, se vuole, può avere anche un ruolo civile e non solo di puro intrattenimento.
L’ispettore Stucky mantiene sempre viva la sua umanità, non nella direzione di una pacata, bieca tolleranza di quelle che usano oggigiorno, ma come sapienza antica, mediorientale, nel ricomporre una visuale realistica del mondo.
Stucky aveva un padre veneziano e una madre persiana, Parvaneh, che significa farfalla. Il suo unico parente rimasto è lo zio Cyrus, fratello di sua madre, scappato dal regime degli ayatollah iraniani. Dallo zio ha ereditato un approccio alla vita che fa uso della gentilezza come strumento di relazione e comprensione degli altri. È un allenamento che ti obbliga ad usare energie sottili, a conoscere meglio le persone, anche da dettagli quasi invisibili e ad educarle a comunicare con buon senso. Dosi fondamentali per un bravo sbirro. Va da sé che noi non siamo un paese in cui la gentilezza, che non è debolezza, ma conoscenza, abbondi. Stucky, da questo punto di vista è un provocatore della frettolosa irritazione che incontriamo nella quotidianità. Che rende il vivere più faticoso e amplifica i conflitti.
Accanto all’ispettore Stucky, fa la sua apparizione in più romanzi e non da comparsa un’investigatrice inquieta e determinata (Luana Bertelli). Un personaggio che rappresenta una necessaria iniezione di energia? La banalità del male sovrasta anche gli animi più generosi?
Ecco, per Luana Bertelli ho in progetto qualcosa nel futuro che non posso rivelare. È un personaggio femminile molto forte e ci sto costruendo qualcosa. Invece l’ispettore Stucky sta vivendo, con Il tatuatore innamorato, la sua ultima avventura. È cresciuto tanto da diventare un personaggio fatto di immagini e il suo autore, felice, lo lascia girovagare nel mondo.
Cos'è pericolosamente “effimero” oggi, in una società che vive di immagini e poco di “lettura”, per Fulvio Ervas?
Le immagini sono la via semplice al conoscere. Lo studio esige sempre parole e testi, anche se può usare immagini. I libri sono fondamentali in questo, leggere educa la mente. Ecco sarebbe bello che quello zoccolo duro di lettori forti in Italia, più o meno 1.200.000 (soprattutto donne), si allargasse anche alle nuove generazioni, che il libro venisse percepito come una fonte di scoperte e un esercizio al vivere, assai meno falso di quello offerto dai social. Che si uscisse da quel vuoto effimero, ma capace di riprodursi sistematicamente, che si nutre dell’assenza di una visione del futuro e conduce, perciò, allo smarrimento delle potenzialità del vivere.
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