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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Musica

Joseph Arthur: musica, arte (e vita) tra profondità e luce

Un evento degno di nota, il concerto di apertura del programma autunnale firmato Uglydogs. La nostra intervista al cantautore

Pubblicato il 08-10-2024
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Un concerto pieno di calore svoltosi in un’atmosfera di incontro molto particolare, quello ospitato a Marostica lo scorso 5 ottobre dall’associazione di promozione sociale Uglydogs, con protagonista il cantautore Joseph Arthur. Un ottimo riscontro riguardo alla partecipazione del pubblico, con diverse persone arrivate appositamente anche da lontano, e due ore intense di musica, parole e conversazione, tutto in assoluta scioltezza, offerte con maestria e generosità dal protagonista della serata.
L’artista statunitense, in questa ultima data del suo tour in Italia ha proposto “in solo” parte del suo ampio repertorio, in particolare alcuni pezzi presi dai lavori più recenti, esibendosi al piano, chitarra e armonica (molto apprezzati gli effetti che rendono speciali i concerti dal vivo, in questo caso impressi in loop con la chitarra).
Bei momenti da falò (e insieme carichi del magnetismo che distingue l’operato di certi fuoriclasse) quando è sceso a suonare tra il pubblico o quando con naturalezza ha praticato qualche esercizio di yoga, insieme al saluto cordiale — ovvero di cuore — finale.

Joseph Arthur a Marostica (foto Orazio Bao)

Non facciamogli troppi complimenti, che del resto meriterebbe a pieno (la ragione si capirà all’interno dell’intervista che ci ha rilasciato) ma certamente con gli organizzatori il pubblico coi suoi applausi ha espresso a fine serata un piacere, che è ri-conoscenza, “somigliante del tutto alla verità”.

Una presentazione in poche parole, per chi non conoscesse Joseph Arthur e le sue opere.
Musica, canto, humor e vibrazioni curative, una sorta di veicolo tra l'amore del pubblico e una fonte che va oltre me stesso. Ispirazione e improvvisazione. Creo canzoni semplici per guardare alle complicazioni della vita.

Colpisce molto la nota biografica che apre il suo sito, scritta a introduzione dell’album che precede quello in uscita. Arthur scrive molto, parla molto, crea molto, ed è importante per lui che tutto ciò assomigli in qualche modo alla verità. Nessuno sconto è lecito, neanche nel mondo dell’arte?
Questa domanda suona come un complimento e penso che questo sia allo stesso tempo una debolezza e una forza: più riesco ad allontanarmi dalla voce che cerca di dare un senso alle cose attraverso di me più sconfiggo l'Ego, e così facendo più mi avvicino al loro nucleo. Più il mio agire con le sue finalità si identifica con quello concessomi da Dio, più posso essere di vero servizio con la mia opera. Più la vita diventa felice e beata più diventa pacifica; meno mi preoccupo dei riflessi esterni più impavido posso diventare, come voce e artista, e quindi più valore aggiungo, soprattutto quando non sono io a determinare l’andare e i suoi esiti. C’è qualcosa che viaggia attraverso di me e il mio lavoro, la necessità è di accoglierlo e di aprirmi, niente di più. Penso che sia nella nostra vera natura cercare di mettersi a servizio, quindi il fine della nostra battaglia con la vita, quella che conduciamo, è diventare un canale degno, aperto, fruibile.

Come Back World, dunque, fuori dalle gabbie demoniache di un mondo fondato sull’Ego, dalle trappole della dipendenza e delle fughe da noi stessi di qualsivoglia specie. Come l’ha trovato, riaffacciandosi, questo mondo?
Per fortuna il mio Ego è stato falcidiato negli ultimi anni, la vita ha scelto di umiliarmi e il mio Io si è dovuto adattare a quell'umiliazione (non mi è stata data molta scelta). Ovviamente tutto ciò non è la cosa peggiore che possa accadere, sembra sempre di aver raggiunto il fondo ma alla fine non è così: ci si rialza e si diventa più grandi, perché la morte dell'Ego è ciò di cui alla fine abbiamo bisogno e ciò che dentro di noi desideriamo di più. Razionalmente è così, ma prova a dirlo all'Ego! Quindi, se l'Ego è sostenuto dagli applausi del mondo non morirà facilmente, ma se viene a mancargli un supporto, in sua assenza il fondamento della nostra identità si consolida al di fuori della prigione del passato e di quella del futuro. L’obiettivo deve essere quello di costruire la nostra casa nell'eterno presente. Dove la rivelazione di quello che siamo veramente sostituisce l’assurdo dialogo interno che ci mina perché lo intratteniamo a vuoto, un movimento che ci usura. Si possono trovare risorse importanti guardando ben oltre quelle che possediamo. Quindi tornare in questo mondo è stato come entrare in un altro regno.

Riappropriarsi delle nostre energie profonde (siamo esseri umani, non azioni umane, ricorda) è l’invito contenuto in diversi suoi podcast dove si lodano la capacità di lasciare andare, un sano superamento del passato consegnandoci in Invisible Hands. Viene tutto da Boogie Christ?
La coscienza di Cristo è alla fine la nostra coscienza: quando finalmente perdoniamo e ci liberiamo dalle catene dell'Ego tutto diventa incredibilmente semplice, anche se farlo è tutt'altro che facile. In concreto, si tratta di imparare a perdonare tutto e tutti e a osservare i nostri pensieri per comprendere che non siamo loro e loro non sono noi. Nel praticare ciò ogni giorno (si potrebbe anche definire “cercare il padre”) siamo sempre più gli osservatori attivi del rimuginare interno che ci usura, e non più l'attività interna stessa. Arrivati a questo punto, una sorta di luce guaritrice ci fa sentire un tutt’uno con la volontà di Dio. Da lì, nasce il senso di potere e la visione dello scopo che ci guiderà, che non è il potere dell'Ego o qualsiasi cosa di esterno a cui affidiamo la nostra identità, piuttosto qualcosa che siamo, semplicemente, o qualcosa che stiamo diventando — di cui non ci prendiamo alcun merito, nessuno è qui per prendersi dei meriti.

Come To Where I’m From, un invito alla scoperta delle proprie radici, è il titolo di un disco ma anche di una serie di podcast che Arthur realizza periodicamente. Dove affondano e di cosa si nutrono oggi le sue radici?
Le nostre radici sono nella nostra presenza alle cose. Le nostre radici sono eterne e affondano nel posto in cui ci stiamo evolvendo. Come in una specie di cerchio o ruota della vita. Vengo dall'Ohio. Mi sono trasferito ad Atlanta e poi ho vissuto a New York per 25 anni. Ho affrontato tanti colpi di scena e cambiamenti, tante storie, e attraversato tanti modi di essere, in altalena tra distruzione e rinascita. Eppure in tutto ciò c'era una presenza eterna e costante che osservava ogni cosa da un luogo privo di emozioni e non giudicante. Le radici della vita sono disseminate in tutte le strade diverse che abbiamo percorso e ci riportano al punto in cui abbiamo iniziato, sicuri che qualcosa non è mai cambiato del tutto, forse nemmeno un po'.

In Seek and Find canta “non correre al riparo dall'oscurità, stasera”: chi sono i personaggi che abitano i suoi disegni? Coloratissimi sembrano venire dal dolore, dal buio.
Li considero espressioni divertenti dell'animale umano. Probabilmente nascono dal subconscio. L'arte è gioco, nel contempo l'arte è rivelatrice. Non li vorrei considerare materiale da psicoanalisi. Li vedo come disegni rupestri sulla tela dell'anima, hanno una parte personale e una parte collettiva. Ho una bambina di tre anni che adora dipingere, come me. Quando le persone mi chiedono quando ho iniziato a dipingere rispondo sempre che non ho mai smesso. Penso che sia nella nostra natura “gettare” i colori sulla tela della vita, in fondo siamo come bambini che esplorano questo posto per un po', fatti a sua immagine, per creare come Lui crea. Che benedizione!

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