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Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Interviste

Un funeral party, l'oggi dell'Occidente

A tu per tu con Cristiano Santini, dei Dish-Is-Nein: uno sguardo senza filtri al panorama musicale odierno, e la nascita di un nuovo progetto

Pubblicato il 11-07-2024
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Hanno messo in cantiere un nuovo progetto Cristiano Santini e Roberta Vicinelli, che con Dario Parisini, morto a 56 anni nel 2022, e vari altri musicisti che si sono alternati nella formazione hanno dato vita negli anni Ottanta ai Disciplinatha, e in seguito alla sua costola Dish-Is-Nein, la loro una storia che ha attraversato diverse fasi anche molto controverse lunga quasi quarant’anni: si tratta della realizzazione di un album con associato un concerto-spettacolo che preveda una presentazione immersiva del lavoro, in un’operazione artistica intesa a tutto tondo.
Sul palco inviteranno il coro Monte Calisio — con l’insieme trentino una realtà di collaborazione e vicinanza attiva da tempo — e ad accompagnare la performance ci saranno i video di Guido Ballatori, con un allestimento scenografico curato da “Dinamo Innesco Rivoluzione”, oltre ad altri contributi.
Le necessità che il progetto pone in campo riguardano questi aspetti fattivi e le occorrenze della produzione. Per la sua attuazione è stato attivato un crowdfunding sulla piattaforma “Produzioni dal basso” che sta già ottenendo buoni riscontri (www.produzionidalbasso.com/project/dish-is-nein-il-nuovo-album/).

Dish-Is-Nein


Nessuna sostituzione per Parisini in programma, la sua un’assenza-presenza forte nel nuovo lavoro: “l'unico modo possibile per confermare il ruolo di Dario è non sostituirlo affatto”, hanno dichiarato i suoi compagni.
La storia dei Disciplinatha si interruppe nel 1997. Il loro debutto si era concretizzato in un esplosivo mini-LP che era stato pubblicato dalla più radicale e anarchica etichetta dell’hardcore italiano, la Attack Punk Records; il resto della loro discografia porta il marchio “I Dischi Del Mulo”, di Ferretti e Zamboni, ovvero quei CCCP Fedeli Alla Linea che sono attesi all’Ama Festival di Romano d’Ezzelino con i Marlene Kuntz venerdì 12 luglio.
Nel 2012 era uscito Tesori della patria, un cofanetto contenente l’intera discografia del gruppo accompagnato da un interessante materiale documentario, a distanza di tempo rieditati, e nel 2021 è stata pubblicata una biografia descrittiva anche della temperie in cui è i Disciplinatha sono vissuti, a firma di Giovanni Rossi, il corposo volume intitolato: Tu meriti il posto che occupi (Tsunami Editore).
Il mini album d’esordio nella nuova veste dei Dish-Is-Nein, del 2018, contiene sei pezzi potenti e sfrontati, i testi come sempre generatori di cortocircuiti e del tutto profetici, limpido acciaio in colata, parole affilate, taglienti e musiche protagoniste allo stesso modo, che lasciano l’ascoltatore in assedio. Altro loro prodotto recente The Man Machine, cover che veste una propria epica del celebre brano dei Kraftwerk uscita nel dicembre del 2022, poi diventata nel 2023 The Metal Machine.
Parliamo del nuovo progetto in cantiere con Santini.

Quali saranno i contenuti principali del disco, quali temi toccano i testi e quale sarà la sua formula musicale, senza Parisini?
Il “nuovo millennio”, questo universo distopico, nichilista e fallimentare, figlio abortito dell’idea di “società delle culture condivise”, dell’inclusività da copertina, i buoni propositi preconfezionati da sbandierare quando conta, la democrazia dei social media, il senso del possesso a prevalere su qualsiasi cosa: mentre gli ultimi rimarranno sempre tali e chissenefrega di questi reietti umani… noi volgiamo il nostro sguardo al progresso, il futuro, l’apocalisse. La rabbia che invece di esplodere implode: basta urlare, non ho più voce, non ho più il cuore. Mi sento svuotato, annichilito, esiliato. Sì, l’esilio, slogan per il tempo prossimo venturo.
Il titolo provvisorio (ma ormai definitivo) dell’album è Occidente, a funeral party e parlerà in modo viscerale, di pancia, ma “formalmente” intimo, di quanto appena esposto.
Musicalmente è una grande sfida perché Dario non lo sostituisci (e difatti non viene sostituito), perché lui non era solo un chitarrista unico, era un artista lucidamente visionario a 360 gradi, capace di imprimere, con le sue intuizioni geniali e fuori dagli schemi, uno stile e una fisionomia uniche ai progetti nei quali era coinvolto. Ecco, mi piace pensare che la sua assenza “non colmata” possa essere il migliore lascito per i “nuovi” Dish-Is-Nein.

Sempre più gruppi si rivolgono al crowdfunding come forma di autofinanziamento che attiva un rapporto diretto con il pubblico nella fase della progettazione. Come sta andando?
Una volta deciso con Roberta che avremmo iniziato a lavorare a un nuovo disco dei Dish-Is-Nein, fin da subito ho pensato che sarebbe stato bello, e da un certo punto di vista anche doveroso, poter organizzare un evento di presentazione per questo LP che si caratterizzasse per quantità e qualità delle partecipazioni/collaborazioni: il Coro di Monte Calisio, un supporto video creato ad hoc da Guido Ballatori, scenografie e allestimenti particolari per questa rappresentazione curati da Simone Poletti (che si occuperà anche dell’artwork dell’album). Parliamo di una mole organizzativa estremamente onerosa, sia da un punto di vista logistico che economico, soprattutto per l’idea di poter fare tutto questo autarchicamente, sfuggendo quindi a logiche di mercato legate esclusivamente a cachet e accordi preventivi con spazi adeguati. Da qui la necessità di attivare una raccolta fondi, contando e sperando nel supporto di chi ci segue, condividendo scelte, obiettivi e motivazioni. Mancano un paio di settimane alla chiusura, al momento siamo abbondantemente oltre il 50% del target, vedremo come andrà a finire.

La vostra è una storia artistica che ha attraversato varie fasi molto calde, furiose, spesso anche travisata.
Quando si decide di stare (orgogliosamente) al di fuori della corrente delle schiene piegate, diventa inevitabile essere oggetto di situazioni “particolari”. Con Disciplinatha fummo un vero e proprio corto circuito culturale, riuscendo nella non facile alchimia di diventare bersaglio di feroci critiche “bipartisan”. Evidentemente avevamo colto nel segno, ma si parla del secolo scorso, c’erano ancora il muro di Berlino e i blocchi contrapposti, e si viveva nella regione che “galleggiava” sul paradosso di essere una delle locomotive dell’economia nazionale, distinta e benestante, ma di avere il partito comunista più forte a livello occidentale.
Dish-Is-Nein nasce con l’obiettivo di recuperare una certa attitudine ad attaccare frontalmente le contraddizioni e le ipocrisie di un Occidente ormai segnato da un declino irreversibile.

Al di fuori di Dish-Is-Nein, la musica fa sempre parte del vostro mondo anche in altre attività e progetti?
La musica è il mio lavoro da quasi un quarto di secolo: sono un producer e sound engineer, ho uno studio di registrazione a Bologna e insegno in una scuola di musica (sempre a Bologna). Alla fine mi ritengo fortunato perché sono riuscito a trasformare la mia passione nel lavoro che avrei sempre sognato di fare.
Da un punto di vista artistico, oltre a Dish-Is-Nein, ho un progetto con un caro amico, nonché validissimo musicista: Federico Bologna (già nei Technogod ed Ohmega Tribe). Il duo si chiama X.N.X e recentemente abbiamo prodotto il nostro primo Ep, Beautiful World, che abbiamo anche presentato dal vivo in un mini ciclo di concerti la primavera scorsa.

Come descrivereste il presente e immaginate il futuro del panorama musicale italiano?
Una premessa: in Italia ci sono sempre state, e sempre ci saranno, eccellenze artistiche, musicali in primis. Ma se vogliamo fare un ragionamento globale e contingente, “vuoto pneumatico” ritengo sia l’espressione che meglio descrive il nulla cosmico che ci circonda, basti pensare che proprio di questi tempi abbiamo in giro per l’Italia questa banda di “allegri” settantenni che con elegante noncuranza sta pisciando in testa a tutta quella massa di bimbi-minchia che pensano, dopo qualche like comprato qua e là, di essere arrivati nell’Olimpo del “mondo che conta”. E non aggiungo altro. È meglio pensare al nuovo progetto in cantiere.

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