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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Patrizia Valduga è un'affascinante poetessa, non solo “due, tre giorni l’anno” come afferma lei, originaria di Castelfranco Veneto. Vive a Milano dove si è trasferita dopo l’incontro con il grande poeta Giovanni Raboni per essergli compagna per la vita. Abile ed attenta lettrice e traduttrice, ha trascritto in italiano i versi di grandi autori come John Donne, Stéphane Mallarmé, Paul Valéry e, per il teatro, opere di Molière, Shakespeare, Cocteau, Céline, Kantor, Beckett. La Valduga si distingue tra i poeti contemporanei per la sua ricerca linguistica, è stata definita dalla critica “un'Artigiana del testo”, nel senso più alto del termine, si è riappropriata delle forme metriche antiche per riproporle secondo modalità del tutto originali, letterarie e fisiche insieme.
Di lei Luigi Baldacci ha scritto: "Nessuno ha colto, come la Valduga, la situazione di impossibilità che ha lasciato dietro di lei il discorso di Montale: non perché fosse impossibile dire meglio, dire di più, ma perché è ormai impossibile dire qualcosa con quelle parole" - e ha aggiunto - "La capacità di canto e di strazio è solo delle donne, o meglio della poesia femminile e senza dubbio Patrizia Valduga possiede questa grande capacità, nel senso che strazia il proprio canto, lacerando il patrimonio delle parole, ereditate dalla tradizione e trasposte in un contesto contemporaneo”. Negli incontri con il pubblico a Patrizia piace ricordare la sua iniziazione alla poesia, avvenuta durante il periodo di studi universitari a Venezia: si è innamorata di un professore di filosofia e per conquistarlo ha scritto il suo primo sonetto. Ama recitare a memoria le sue poesie e quelle dei suoi autori preferiti, accompagnando i presenti con una voce roca, dal ritmo ipnotico, in viaggi nel tempo scanditi solo dalle parole: rilegge il Petrarca del Trecento, cita Pascoli, proclama la sua ammirazione per Manzoni, poi prosegue fino a quando dai finestrini non scorge il momento perfetto, allora si ferma per un attimo d’infinito da Raboni e poi scende con un’umiltà bellissima dal treno dei Grandi per spargere al vento le poesie che ha scritto lei. Uno dei temi che racconta è l'insanabile distanza tra uomo e donna, i suoi versi paiono sempre scrivere un due che è dispari. Ha pubblicato: Medicamenta (Guanda, 1982), La tentazione (Crocetti, 1985), Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi, 1989), Donna di dolori (Mondadori, 1991), Requiem (Marsilio, 1994), Corsia degli incurabili (Garzanti, 1996), Cento quartine e altre storie d’amore (Einaudi, 1997), Prima antologia (Einaudi, 1998), Quartine Seconda centuria (Einaudi, 2001), Manfred (Mondadori, 2003), Lezione d’amore (Einaudi, 2004) e la Postfazione a Ultimi versi, di Giovanni Raboni (Garzanti, 2006), un titolo che non le piace e che per gioco e per amore trascrive a penna “Ultimi versi di Giovanni Raboni e Patrizia Valduga”.
Patrizia Valduga
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