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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Modalità lettura 3 - n.1
Una recensione dell'autobiografia del premio Nobel Kary Mullis
Pubblicato il 26-11-2023
Visto 4.869 volte
Ballando nudi nel campo della mente (Baldini&Castoldi 2017, 240 pagine 10.00 euro) è un libro autobiografico scritto da Kary Mullis, biochimico statunitense scopritore della PCR ̶ gli fu conferito per questo il premio Nobel nel 1993.
Uomo geniale ed eccentrico, Mullis tra le pagine dichiara che non gli sarebbe dispiaciuto diventare scrittore, e questo libro è dimostrazione che non ci fossero solo i calcoli e la chimica tra i suoi talenti, inoltre, nella dedica di apertura, dà prova di possedere un temperamento oltre che letterario poetico, scrivendo bellissime parole di gratitudine alla terza moglie. Sono tanti gli argomenti che attraversano il libro, vanno dal racconto della sua maggiore importantissima scoperta a resoconti avventurosi di imprese sportive e amorose; da teorie controverse sulle cause della diffusione dell’Aids (è d’obbligo guardare a tempo e contesti in cui nacquero, alcune parole di Mullis sono state di recente strumentalizzate dai complottisti anti vaccini in epoca del Covid) a inaspettate dimostrazioni di vero interesse per l’astrologia; da reportage in stile Urania di incontri con gli alieni a dichiarazioni a favore dell’assunzione dell’LSD, e molto altro ancora, a testimoniare un’attitudine vitale e curiosa e insieme un amore viscerale per il metodo scientifico con cui si “deve” osservare ogni cosa. Pubblicata nel 1998, l’autobiografia porta in copertina una bellissima fotografia che ritrae Mullis in muta che abbraccia il suo surf: parla di sfida e di amore per la libertà, ma non tragga in inganno: anche nell’affrontare questo sport la mente scientifica di Mullis macinava dati ed era sempre all’opera.
Mullis è morto nel 2019, aveva settantaquattro anni, ma lui non contava il tempo delle persone in anni, piuttosto in giorni e in ore: «Vi siete persi il vostro decimillesimo giorno, non vi preoccupate: magari potrete rifarvi con il ventimillesimo. A quel punto avrete all’incirca cinquantaquattro anni e nove mesi» e per gli amanti dei non compleanni alla Carroll «… tredici giorni dopo il vostro cinquantasettesimo compleanno avrete 500 000 ore». Cambia le prospettive? Probabilmente sì.

Kary Mullis (foto di Mark Robert Halper)
La matematica (non l’aritmetica, per carità) e la biochimica si infilano con prepotenza tra le onde dei ragionamenti espressi nei capitoli su qualsiasi argomento, ma come farebbero surfisti ribelli, capelli al vento. Si può vivere meglio grazie alla chimica, è una convinzione che viene ribadita senza freni da paracadute da Mullis, vissuta sulla propria pelle (da leggere coi brividi, il capitolo dove descrive con una flemma tutta sua l’attacco quasi mortale subìto da ragni eremita).
Lo studioso non tira il freno a mano quando denuncia le intromissioni sempre più pesanti dell’economia nella scienza, non lo fa quando enuncia le sue teorie controtendenza (datate anni Novanta) sul riscaldamento globale, né quando descrive le incongruenze dell’era recente contraddistinta dall’ossessione nutrizionale. Nel capitolo che porta il titolo “Sono una macchina?”, in alcuni passi si sente arrivare forte come un vento dietro le spalle tutta la spinta in avanti, visionaria, che guida le rotte di molti scienziati (e di molti scrittori di fantascienza). Nel libro non si incontrano tanti i passi didascalici, Mullis spiega il minimo indispensabile con fiducia che l’interlocutore si orienti anche quando parla di dettagli per affiliati, e questo accade, ci si orienta senza fatica, si impara e a fine lettura gli si è grati. «Nella mia ingenuità, fino al 1968 ho creduto che il mondo fosse un posto sicuro. Ero convinto che fosse custodito da un’élite di provata saggezza cui era stato affidato il compito di proteggere noi e il pianeta. E speravo che io, un coscienzioso ventiduenne che amava imparare e insegnare, sarei riuscito a far parte di quella élite».
Grazie alla sua scoperta il sogno si è realizzato, anche se del tutto nel disincanto, a proposito dei connotati della fantomatica "élite".
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