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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
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Vite ad arte
Un omaggio di Luca Scarlini a Ziggy Stardust, andato in scena ieri sera, mercoledì 26 aprile, al Teatro Remondini, ha concluso la rassegna Il teatro ti fotografa
Pubblicato il 27-04-2017
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Un ritratto a tutto tondo del personaggio più celebre a cui ha dato vita negli anni Settanta David Bowie, quello che ha tracciato in un’ora ieri sera, per “Il teatro ti fotografa”, Luca Scarlini, nella veste da storyteller in cui ha imparato a conoscerlo il pubblico bassanese. La conferenza-spettacolo, che ha concluso la rassegna teatrale 2016/2017 di Operaestate Festival, affonda le radici nel libro di Scarlini intitolato Ziggy Stardust. La vera natura dei sogni (Add editore).
Un monologo di sessanta minuti fitto fitto, quello tessuto su misura da Scarlini, con la cura di un entomologo, attorno alla figura sottile e alla storia enorme della star britannica scomparsa l’anno scorso. Una narrazione ricca di riferimenti puntuali, molti inediti, non solo attinenti al mondo della musica, ma a quello della letteratura, del teatro, del costume, della moda, che furono al centro dell’attività artistica e della vita di Bowie; un racconto costellato di immagini e di inserti musicali tratti dal film-documentario Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, girato da D. A. Pennebaker durante l’ultimo concerto in cui è andato in scena Ziggy, all’Hammersmith Odeon di Londra, nel 1973.
Ziggy Stardust, e Time, e poi The Rock’n’Roll Suicide, i pezzi scelti da Scarlini per raccontare in musica la meteora di Ziggy, che per alcuni anni ha incarnato l’alter-ego dell’artista e che in breve tempo è diventato un avatar fagocitante, tanto da dover essere “fisicamente eliminato” dal suo artefice, almeno dalle scene, e poi un breve filmato che ha ricordato il legame fortissimo che ha legato Bowie all’arte e all’estro di Lindsay Kemp e la loro comune fascinazione per il teatro kabuki.
una bella immagine di David Bowie-Ziggy Stardust, proiettata sul palco del Teatro Remondini
A distanza di tanti anni, è ancora vibrante la seduzione che suscita la messa in scena di questo personaggio: Ziggy Stardust, uomo e donna, bambino e bambina, anche padre di famiglia, “ucciso” per necessità prima che diventasse una maschera incollata sul volto dal suo autore.
Impressionante è l’elenco dei riferimenti culturali messi così, uno accanto all’altro da Scarlini, che appartenevano a questo giovane poco più che ventenne al tempo di Ziggy, e che già facevano da sfondo alla sua creazione, compresi quelli evidenti, vissuti in diretta, all’opera di Stanley Kubrick e in particolare ad Arancia meccanica, ma David Robert Jones (è il nome all’anagrafe di Bowie) aveva sempre avuto ben chiaro che sarebbe diventato una star.
Compare evidente, l’impatto che deve avere avuto negli anni Settanta, in Inghilterra, l’apparizione di Ziggy, l’alienità di questa creatura che diventò immediatamente una sorta di influencer, come diremmo oggi, per i giovani dell’epoca e per la moda; ma come ha ricordato Scarlini, quello creato da Bowie e pochi altri, che è passato alla storia con la definizione di glam rock, era davvero art rock, e la carriera di Bowie, lunga, camaleontica, con un finale-capolavoro a sorpresa, ne è la testimonianza.
Scarlini, che a fine incontro ha confessato di indossare una cravatta appartenuta a Bowie, al suo sterminato bagaglio di costumi e travestimenti di cui un’ampia parte è stata messa in mostra di recente, e sta girando il mondo nell’esposizione David Bowie is, ha dichiarato di non essere un suo fan: nessun fanatismo cieco in questa ricerca, ma un omaggio sentito, colto, appassionato. Applausi a teatro.
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