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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Libri

Testimonianze

Al Castello Inferiore di Marostica, sabato 21 settembre, sarà presentato il volume curato da Maria Angela Cuman: un racconto a più voci sugli eventi della Campagna di Russia

Pubblicato il 17-09-2013
Visto 2.772 volte

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Sarà presentato sabato 21 settembre, alle ore 16.30, nella sala Consiliare del Castello Inferiore di Marostica, il volume Testimonianze.
Pubblicato nel 70° anniversario della Campagna di Russia, il libro, curato da Maria Angela Cuman e edito dall’Eab, è frutto della collaborazione di tanti studiosi, ricercatori e gente comune del territorio. Le “Testimonianze” che vi sono raccolte, oltre a presentare i fatti storici, hanno anche l’intento di porre l’accento sul valore della “piccola storia”, quella narrata dai protagonisti delle vicende drammatiche di cui si vuole lasciare memoria e dai loro cari. Il prodotto è un racconto ricco di umanità. Uno dei pregi di questo lavoro corale è quello è di mettere intenzionalmente fra le persone e la Storia la cronaca di un paese come Marostica (o, meglio, della frazione di Roveredo): il sottotitolo del volume specifica infatti che queste testimonianze seguono i passi di marcia intrapresi nel secolo scorso da tante persone “dall’Alto Vicentino al Don”. Guida ideale di quel cammino è l’artigliere sergente Remigio Cuman, padre della curatrice. “Quando nel 2008 papà, a ottantaquattro anni, ha fatto un’emorragia cerebrale, giorno dopo giorno, per stimolarlo a riprendere la memoria e in particolare il linguaggio, lo invitavo a parlarmi di quanto ricordava della sua vita”. Tanta parte di quei ricordi sollecitati con amore ha portato alla nascita di un lungo viaggio collettivo nella Storia. Attorno al racconto della vicenda di Remigio Cuman nella Campagna di Russia, un “Sergente nella neve” come tanti altri, emerge il coro di voci di chi ha condiviso con lui quei tragici eventi.
Prima dei 20 anni, il giovane Remigio, come molti ragazzi italiani, si arruolò volontario e presto si trovò a combattere nello scenario più drammatico del conflitto mondiale, sul fronte russo, dove visse anche la tragica ritirata dell’Armir (Armata Italiana in Russia) – l’Italia nel 1941, per il Patto d’Acciaio, aveva seguito la Germania nell’Operazione Barbarossa, l’attacco tedesco all’Unione Sovietica di Stalin. Testimone e attore di una lotta infernale con gli uomini e con il Generale Inverno, Remigio sopravvisse e tornò al suo paese portando con sé l’esperienza militare non come un gravoso e inutile fardello, ma come la molla che fa scattare la volontà di un impegno sociale e comunitario. Conclusa la sua vicenda di soldato, la mente accora sbigottita dall’immensa, stupida e inutile crudeltà della guerra, ha maturato il proposito di dedicarsi agli altri e di mettere tempo ed energie a disposizione della comunità. Anche questa è Storia.

Preziose sono le testimonianze contenute nel libro – che è corredato da documenti raccolti anche dall’Unirr (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia) e da un apparato fotografico in gran parte inedito – dei pochissimi sopravvissuti agli eventi narrati, e altrettanto importante è lo spazio riservato ai ricordi dei famigliari, dove tante voci spesso femminili, di madri, mogli, figlie, sorelle, e anche di donne sconosciute per umanità diventate tali, uscendo dall’anonimato raccontano il dolore, l’attesa, il perdono. “Cosa si prova alla notizia della morte di una persona cara possiamo immaginarlo ma, per fortuna, non tocca più a nessuno il lutto prolungato sotteso alla cartolina che dice disperso”, scrive nella sua nota introduttiva Vittorio Andolfato. Non qui.
In questo volume che tratta di guerra risuonano ovunque le note di un desiderio di pace, di speranza:
«Se la mia generazione» scrive la curatrice «ha avuto il grande privilegio di ascoltare i racconti dei padri e delle madri, spero che le nuove generazioni trovino il tempo per trasmettere ai loro figli le loro esperienze e la disponibilità all’accoglienza e all’ascolto che i racconti tra generazioni, permeati di speranza e di amore, donano alla nostra vita».

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